Casa do Menor (2005-2011)

L’opera si chiama Casa Do Menor ed è stata fondata da padre Renato Chiera, un prete e insegnante di filosofia della diocesi di Mondovì (CN), che negli anni ’80 lascia tutto per andare in Brasile a guarire la grande piaga dei meninos de rua, i bambini abbandonati alla strada che spesso vengono uccisi dalla polizia perché danno fastidio. Sono i figli del Brasile di cui nessuno si vuol prendere cura.

Quando don Renato arriva a Rio de Janeiro negli anni ’80 la situazione è tragica. Molti poliziotti hanno il comando di sparare sui meninos de rua; lo Stato non fa nulla per risolvere questo problema sociale, cerca anzi di eliminarli fisicamente, non ci sono strutture in grado di accoglierli, nessuno se ne occupa, tutti stanno a guardare questo orribile spettacolo di morte quotidiano. Ogni giorno sono molti i bambini di strada che muoiono per mano della polizia o del narcotraffico.

In Brasile i bambini vanno a vivere in strada perché non hanno una famiglia, perché hanno fame, perché vengono abbandonati, perché spesso sono abusati, costretti a vedere scene di violenza in casa che forse noi non potremmo neppure immaginare: mamme che legano i bambini alle sedie con fili di ferro, padri che arrivano ubriachi e violentano le figlie e picchiano a sangue le mogli o le compagne, coltelli che saettano tra una parete e l’altra, omicidi. Insomma miseria allo stato puro: materiale e morale. Così questi bambini sono come catapultati nella strada, vanno a dormire nei cartoni, sui marciapiedi o a Copacabana. Sì proprio a Copacabana, una delle spiagge più belle al mondo. Quando giungo su questo lido, al mattino, mi fa ribrezzo vedere i poliziotti che mandano via a calci i bambini di strada che hanno passato lì la notte; devono arrivare i ricchi, i turisti, quindi la spiaggia deve sbarazzarsi di queste sporcizie umane. Non c’è posto per loro, occorre lasciare spazio alla gente degli hotels, ai costumi firmati… Don Renato si commuove e poi decide: dare la vita per questi figli di Dio dimenticati da tutti. Decide di sporcarsi le mani, e non solo. Scende in strada, va a parlare con i meninos, propone loro di andare a dormire a casa sua, fa amicizia.

Mi colpisce molto quando don Renato, a cena a Miguel Couto, mi racconta che i primi ragazzini che ha portato in casa sua non sapevano neanche come funzionasse il bagno. Il missionario spiegò loro di lavarsi e di utilizzare i servizi per i loro bisogni; al suo ritorno trovò degli escrementi in un angolo. Quei bambini non avevano mai visto un WC e non sapevano neppure a che cosa servisse.

Don Renato incomincia ad accogliere qualche ragazzo, offre un piatto caldo, vestiti puliti, un letto dove poter dormire. Pian piano si sparge la voce che don Renato è un padre buono, che aiuta davvero i ragazzi, non come tanti che abusano continuamente di loro. La casa del missionario è invasa dai meninos de rua. La gente del quartiere è infuriata con lui. In più c’è il problema grosso dei trafficanti di droga, che non vogliono che i bambini vengano tolti dalla strada: commerciano droga, si possono trafficare per il mercato del sesso e degli organi. Così don Renato incomincia ad essere perseguitato e minacciato dai narcotrafficanti. Più volte tentano di ucciderlo, ma riesce a salvarsi miracolosamente dalle sparatorie.

Don Renato è anche un uomo cocciuto che va a battere i pugni sugli scranni dei potenti, dei politici. E’ perfino riuscito ad incontrare il presidente Lula; è stato ricevuto in Senato dopo mille lotte e manifestazioni, ha parlato anche con il ministro della giustizia per far pressione affinché risolva il caso vergognoso dei maltrattamenti all’interno delle carceri minorili, dove i bambini vengono picchiati sulle orecchie per non far vedere i segni, lasciati in situazioni igieniche e alimentari deplorevoli. Don Renato si commuove e si sporca le mani, va in carcere, in strada, in favelas ed in ogni luogo in cui ci sia emarginazione, sofferenza, odio, ferite da curare.

L’idea di fondo di sostenere un progetto di solidarietà in terra di missione non consiste nell’inviare denaro punto e basta. La nostra Associazione non vuole essere semplicemente benefattrice, dispensatrice di piccole o grandi somme di denaro. I soldi non servono a nulla, se dietro non si coltivano idee e valori. La mia idea originaria, condivisa anche dai fondatori di Imiut, è quella di avere un progetto a favore dei più poveri per aprire uno spazio dentro il nostro cuore in cui far crescere i germogli della solidarietà, dell’amore ai poveri, dell’accoglienza. Pensare ai bambini ed ai ragazzi di strada è urgente: essere impegnati a fianco di questi giovani è un modo per sentirsi protagonisti nella costruzione di un mondo più giusto. I nostri giovani, almeno i ragazzi che conosco e che fanno parte di Imiut, hanno voglia di cambiare il mondo.

L’importante non è la quantità di soldi che riusciamo a mandare in missione, ma quanto questi bambini riescono in qualche modo ad entrare nel nostro cuore e ad interrogarci, a commuoverci ed a smuoverci dentro. Ne va anche del senso profondo della nostra vita. Alcuni mi hanno obiettato che non ha senso aiutare poveri così lontani, perché ci sono molte povertà vicino a noi e spesso non le vediamo. Questo è senz’altro vero, ma la storia di Veronica, di don Renato e di questi bambini rinati dalla forza dell’amore ci ha affascinati e conquistati. Ci ha aiutati e ci aiuta anche a vedere meglio le nostre problematiche ed i poveri “di casa nostra”. Non abbiamo sposato una missione qualsiasi, ma ci sentiamo davvero in sintonia con la pedagogia della presenza e con lo stile della Casa do menor fondata da padre Renato Chiera.

Per noi è importante pensare ai problemi di questi bambini abbandonati, condividere le sofferenze di questa parte di umanità, essere consapevoli delle problematiche che vivono i giovani in altre parti del mondo, aprire gli occhi sull’universo dei poveri (non solo del Brasile), degli emarginati. Vorremmo cercare in qualche modo di aiutare i giovani brasiliani a sognare, dar loro la possibilità di avere una famiglia-comunità che li accolga. Questo è quello che facciamo con il nostro piccolo contributo di solidarietà.

Il mio desiderio è che i ragazzi di Imiut prendano sempre di più in considerazione questo progetto in Brasile, lo sentano veramente loro, lo vivano dal di dentro con emozione e commozione. Vorrei organizzare più incontri per parlare di questo progetto, per far conoscere meglio questa realtà, per aprire una finestra che vada al di là dei nostri cellulari, dei contatti su facebook, dei compiti a scuola o degli esami universitari. Aprire gli occhi sul povero significa anche imparare a staccarsi un po’ da se stessi, dal proprio egoismo e dal proprio egocentrismo. Forse avremmo molte cose da imparare. Forse apprezzeremmo di più la scuola. Forse ci lamenteremmo di meno, ringrazieremmo di più e soprattutto impareremmo ad amare veramente.

 

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Questo è l’appello a cui vogliamo rispondere…. Casa do Menor

Messaggi di Don Renato a Imiut.



Attività della Casa do Menor

Padre Renato Chiera, gli inizi

Chiera Renato nato a Villanova Mondovì il 21.07.1942 residente in Via Roracco, 25 Cap 12089 – Cuneo. Nato e cresciuto in una famiglia numerosa di contadini, fin da bambino si distingue per la sua generosità e la dedizione al suo prossimo. Bambino vivace sogna di volare per raggiungere terre e popoli meno fortunati, la sua fantasia é frenata dalla realtà quotidiana, aiuta i fratelli nell’azienda paterna, è molto attaccato alla terra ed al bestiame.Dopo le elementari vorrebbe entrare in seminario, non sa come dirlo ai genitori, perde quasi 2 anni, teme di creare disagi nella numerosa famiglia, ha 3 fratelli e 4 sorelle, la notizia è accolta dalla famiglia come una benedizione e tutti sono disposti ad aiutarlo.

In seminario si distingue per impegno, raggiunge ottimi risultati, nel 1967 è ordinato prete ed inviato dal Vescovo, con la qualifica di curato, in alcune parrocchie. In questo periodo frequenta anche l’Università Cattolica di Milano dove si laurea in filosofia e vince la cattedra al liceo classico di Mondovì.

Fa una esperienza comunitaria con sacerdoti di tutto il mondo a Grottaferrata, qui conosce preti brasiliani e si fa amico. Ottiene dal Vescovo il permesso di andare in Brasile dove la Diocesi di Mondovì aiuta in un’area molto povera e violenta della periferia di Rio. Lascia i libri e la filosofia in soffitta e vola in Brasile a Nova Iguaçu – Miguel Couto.

Nella Baixada viene subito a contatto con la dura realtà locale, si trova in una delle zone più violente e povere del mondo, deve subito scegliere: fare il “prete becchino” o ribellarsi e cercare di salvare i poveri dagli squadroni della morte. Decide di schierarsi a difesa dei deboli e degli oppressi soprattutto di bambini, ha dei grossi problemi, gli sparano e lo investono più volte simulando incidenti, di notte è braccato si nasconde per non essere ucciso.

Fonda la Casa do Menor incomincia a raccogliere bambini, solo i casi disperati, non ha posto non ha soldi i bambini gli rubano quel poco…il “contadino” non si scoraggia, con l’aiuto degli europei, costruisce 22 chiese comunitarie e inizia in un garage la Casa do menor… oggi il progetto “Casa do menor” conta oltre 1.700 tra bambini e collaboratori con asili, scuole, officine professionalizzanti, case famiglia, case di passaggio, aziende agricole ecc., collabora con l’ Università locale, con il Tribunale dei minori, con i Consigli di difesa dei ragazzi ed altri che si occupano di infanzia abbandonata.

La sua opera è sostenuta da benefattori di tutte le province italiane e da alcune parrocchie svizzere, tedesche, francesi, olandesi, belghe, inglesi, ecc. Si è creata una grande rete di solidarietà nazionale ed internazionale.

continua…

 

 

I sogni dei bambini di strada

In 20 anni, Casa do Menor ha salvato 60.000 bambini abbandonati nelle strade del Brasile. Li ha sottratti alla schiavitù dei narcotrafficanti, al mercimonio sessuale dei profittatori, agli abusi dei pedofili, alla caccia spietata degli Squadroni della Morte. Padre Renato Chiera, fondatore di Casa do Menor, ha dato ai meninos de rua il calore della famiglia, li ha curati nel corpo e nell’anima, li ha fatti giocare e studiare per un presente e un futuro finalmente sereni. Renato non si è arreso di fronte alle minacce degli sfruttataori, neppure quando lo hanno picchiato a sangue, né le tante volte in cui ha rischiato di essere ucciso.

Ma ora ha paura. Perché in Brasile il costo della vita è aumentato, l’euro ha perso valore e il governo brasiliano gli impone di avere molto personale, ma non aiuta a pagarlo. Sì, Renato stavolta ha una paura angosciante: quella di non riuscire più a far sì che gli oltre 3.000 meninos accuditi da Casa do Menor possano continuare a essere semplicemente bambini oggi per diventare adulti sereni domani.

 

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