Burkina News (diario dai volontari)

Kiéré 18 gennaio – 7 febbraio 2017

Prima puntata – 18-21 gennaio 2017

 

Carissimi amici,
eccoci qua al primo appuntamento del nostro diario di bordo nell’intento di raccontarvi,
anche quest’anno, l’ esperienza africana che abbiamo l’onore di vivere a nome di tutti voi.
La nostra allegra brigata ha quest’anno, Dio volendo, fatto buon viaggio. Aerei quasi
puntuali, ci hanno condotto sani e salvi a Ouagadougou. Quando abbiamo avvistato
dall’alto le luci della città, il pensiero di alcuni di noi non ha potuto fare a meno di andare
al viaggio avventuroso dello scorso anno, quando, pronti all’atterraggio, avevamo
improvvisamente ripreso quota e le luci della città erano scomparse. Il resto lo sapete.
Quest’anno il grande aereo zeppo di gente ha fatto regolare atterraggio intorno alle 20.40,
e dopo i ripetuti e consueti controlli dei documenti, eccoci al tapis roulant dei bagagli,
dove fortunatamente tutte le nostre valigie sono regolarmente apparse! Che sospiro di
sollievo!
Un’escursione termica di più di trenta gradi ci ha investiti facendoci velocemente
spogliare e cacciare nel bagaglio a mano giacche e felpe. L’aria calda, piena dei suoi
particolari profumi, ci ha detto che sì, eravamo inequivocabilmente in Africa. In t-shirt
abbiamo salutato il Burkina nelle sembianze di Norbert che ci aspettava fuori
dall’aeroporto e abbiamo raggiunto la “maison d’accueille” a bordo di un Pick-up 4×4 in
discreta forma, che per altro ci è sembrato nuovo fiammante rispetto ai mezzi balordi che
ci erano capitati lo scorso anno. Le camerette che ci accolgono, provviste di un piccolo
bagno, e aria condizionata, sono quasi un lusso africano. In camera di Rossana un
piccolo geco spunta fuori dalla scatola dell’aria condizionata , in alto sul muro, e le dà il
benvenuto per la sua prima Africa. Con qualche perplessità Rossana ringrazia.
Una buona dormita ci rimette in sesto e il mattino successivo siamo pronti per la nostra
prima giornata africana.
Giovedì 19 gennaio
Dopo una rapida spesa al supermercato per i soliti acquisti, con Norbert ci rechiamo in
sede Lvia-Ouaga, per incontrare Marco Alban, come concordato in precedenza.
Attacchiamo secco l’ordine del giorno della riunione, non abbiamo molto tempo,
vogliamo partire per Boni nel primissimo pomeriggio. Ma questo appuntamento è molto
importante, indispensabile per fare il punto sulle attività che andremo a svolgere al
villaggio. Marco è la nostra guida, il nostro consigliere, con l’esperienza decennale che ha
maturato in Lvia come realizzatore di importanti progetti di sviluppo in Burkina, ha le
idee molto chiare su cosa è bene fare e cosa no, come muoversi per realizzare al meglio
quello che bolle nella pentola del villaggio.
E nella nostra pentola abbiamo essenzialmente le attività dell’”Associazione Sanmoussé

des femmes de Kiéré” il progetto soia, il recupero di un pozzo dismesso per la
popolazione di Boni che è a corto di acqua pulita.
L’ultimo punto è il primo che prendiamo in considerazione. Il pozzo risulta essere un bel
problema. Marco chiama alla riunione l’esperto locale che fa parte del team Lvia,
responsabile dell’acqua. E’ lui che ci aiuta a dirimere la questione. Purtroppo lo studio
effettuato (da noi finanziato) su un vicino pozzo presistente che avrebbe potuto fornire
acqua al pozzo in avarìa, ha dato esito negativo: l’acqua non è sufficiente e non è neanche
di buona qualità. Si tratterebbe di andare alla ricerca di altri pozzi sul territorio
circostante per trovarne uno ricco di acqua pulita, convogliarne le acque in un acquedotto
lungo alcuni chilometri, a fronte di un ordine di spesa molto consistente e assolutamente
non alla nostra portata. Ci troviamo costretti, a malincuore, ad abbandonare il progetto.
Marco e il tecnico dell’acqua consigliano però vivamente di segnalare la questione agli
enti statali di competenza, a Bobo, e caldeggiare la presa in carico del problema acqua a
Boni; il governo sta mettendo a disposizione notevoli finanziamenti per l’acqua, è una
questione politica, vale la pena di battere il ferro mentre è caldo.
Per quanto riguarda il progetto- soia interviene all’incontro la sociologa Clémence
dell’équipe di Ouaga. Lei, insieme al tecnico Joachim, lo scorso anno , avevano condotto
uno studio di fattibilità sui territori di Kiéré e sulla disponibilità della popolazione ad
intraprendere l’iniziativa di coltivazione della soia. L’esito molto positivo dello studio
aveva dato il via al progetto.
Si fanno alcune considerazioni sulle attività svolte fin qui. La soia coltivata da circa 70
coltivatori è stata raccolta, si tratta di valutare come procedere confrontandosi con i
coltivatori e le donne che si occupano della trasformazione. A questo scopo, durante il
nostro periodo di permanenza si ipotizza una visita a Kiéré della sociologa Clémence con
il tecnico Joachim per incontrare sia i coltivatori che le donne e fare il punto della
situazione. Vi faremo sapere.
Per quanto riguarda le donne dell’Associzione Sanmoussé ci si confronta soprattutto
sull’attività di microcredito avviata un anno fa. Anche qui si discute su alcune possibilità
di prosecuzione e rinforzo. E’ tutto da discutere con le donne, il progetto è loro, le
incontreremo e ci metteremo in ascolto dei loro desideri.
Con la testa che bolle come il pentolone del villaggio, chiudiamo la riunione e per
rilassarci prima della partenza, tutti a pranzo in un ristorantino che conosce Marco, a
mangiare “brochettes de capitain”, spiedini di pesce con patatine fritte e fagiolini. Che
lusso!
Ma senza perdere tempo! Renato frigge, vuole partire appena possibile. Ha ragione. Ci
aspettano 260 chilometri di strada, che qui corrispondono a 5/6 ore di viaggio. Siamo sui
38° ma il nostro Pick-up ha l’aria condizionata, che pacchia. E poi abbiamo un autista
d’eccellenza, il nostro Daniele.
Si parte!

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Ouagadougou è invasa dal traffico, automobili, migliaia di motorini, biciclette, pedoni, in
una luce impastata di polvere e ossido di carbonio. Attraversando lentamente la città
abbiamo tempo di cogliere i segnali di un progresso che piano piano si fa strada, con i

vantaggi ma anche tutti i limiti che attribuiamo al termine “progresso”. Molte cose son
cambiate dal nostro primo viaggio in Burkina, quattro anni fa.
Ai bordi della strada centrale, negozi e prodotti di vario genere stan crescendo come
funghi: lunghe file di luccicanti frigoriferi bianchi fanno bella mostra di sé, centri di
telefonia, distributori Total, ristoranti, negozi di ferramenta, esposizioni di abbigliamento
di tipo occidentale stanno prendendo il posto delle bancarelle di coloratissime splendide
stoffe africane. Ma appena fuori della città ci rituffiamo nel paesaggio africano con i
colori e le caratteristiche che ci sono care: le “goudron” (strada asfaltata) si delinea lunga
e diritta davanti a noi e, con i suoi “marciapiedi” di terra rossa , taglia in due la brousse
con i suoi arbusti , i suoi alberi di mango dalla bellissima chioma, e spazi a perdita
d’occhio nella luce forte e calda del pomeriggio. Respiro lungo, mi sento a casa.
In mezzo ai campi una nuvola di biclette all’ombra di un grande “fromager” segnala la
presenza di un collège, e un centinaio di ragazzi sotto il sole cocente stanno giocando
una partita a pallone in un enorme campo con le sue brave porte. Ne vediamo parecchie
di queste scuole, anch’esse ci sembrano aumentate.
Piccole e perfette piramidi di frutta e ortaggi variopinti colorano il bordo della strada
sotto gli occhi vigili delle donne che fanno mercato di pomodori, carote, cipolle, ananas,
papaie e manghi. Un gruppo di ragazze sta pompando acqua da un pozzo in mezzo al
campo, e già qualcuna di loro si allontana sotto il carico di una grande bacinella
sapientemente sistemata sulla testa.
Di solito la strada era spesso attraversata da pecore, caprette, qualche asino, ora sembrano
scomparsi, vai a sapere, magari non osano più attraversare “ le goudron” che ci appare
asfaltato e rimesso a nuovo quasi di fresco. Anche gli asini che trainano carretti carichi di
cose passano meno sovente, ma ricompaiono nel cuore dei villaggi che via via
attraversiamo. Lì all’improvviso la vita si anima all’inverosimile. Bancarelle di ogni sorta,
donne con grandi ceste sulla testa cariche di banane, pane, bottigliette di bibite , e, come
rallentiamo, ragazze e ragazzi si affacciano ai finestrini per venderci barrette di sesamo,
acqua fresca nei caratteristici sacchetti di plastica, arachidi, e non si arrendono per niente,
anche se gli dici che no, non vuoi comprare nulla.
Una volta usciti dai villaggi il paesaggio ritrova la sua pace. Ma un segno negativo di
presunto progresso disturba spesso la vista: sacchetti neri di plastica sparsi ovunque ,
tristi fiori neri imbrigliati negli arbusti secchi. Nessuno li raccoglie, la raccolta dei rifiuti è
un paragrafo aperto da poco dai vari governi di questi paesi. A Ouagadougou alcuni anni
fa il comune ha chiesto alla LVIA di gestire per la città un progetto di riciclo della
plastica. Il progetto funziona molto bene, ha dato lavoro a molte persone ed è gestito
dalle donne. La LVIA in Africa è conosciuta per questo genere di progetti che ha già
realizzato in Mozambico, Senegal, Guinea.
Il nostro viaggio scorre via tranquillo. Non veniamo neanche fermati dai poliziotti armati
che pattugliano la strada a più riprese, e controllano uno per uno i documenti dei
passeggeri di alcuni pulman fermi al bordo della strada.
A metà viaggio facciamo una sosta. E menomale! Non ci eravamo accorti che, grazie ai
sobbalzi dei numerosi “gendarmes couchés” (i dossi che ti impongono di rallentare), si

era aperto lo sportellone del cassone a rischio di caduta delle valigie! E quale era la
valigia giusto giusto sul bordo del cassone? La mia naturalmente!! Con nodi esperti
Daniele ha fissato lo sportello traballante, e verso le ore 20 siamo arrivati a Boni sani e
salvi, valigie comprese. Dio sia lodato.
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La parrocchia di Norbert a Boni ci ha accolto a braccia aperte. Sul cancello aperto si
affaccia Ambroise, il giovane cuoco tuttofare che con un grande sorriso e forti strette di
mano ci dà il benvenuto. E’ una gioia rivederlo. E’ gentile e ci aiuta molto quando
arriviamo stanchi dalle nostre giornate al villaggio. Scarichiamo i dieci pesanti bagagli
dal cassone del Pick-up e subito li depositiamo nelle camere che ci hanno aspettato per
un anno. Siamo ormai affezionati a queste piccole stanze francescane, ognuno vuole
occupare la sua. Sono quattro, noi siamo cinque. Daniele si merita una delle stanze libere
dei preti, grande, e con un letto alla francese! Deve recuperare da un passato di ripostigli
insani (in compagnia di grossi topi) che si era generosamente offerto di occupare negli
anni passati, quando non c’erano stanze per tutti.
Rossana, che finora ha affrontato il tutto dimostrando grande spirito di adattamento, è in
una delle quattro stanzette. Si vede che è amica degli animali, suo malgrado, perché la
aspetta un altro geco, e ne compariranno altri nei giorni successivi. Un topolino invece
saluta Anna Rita nella sua stanza.
Nell’afa della sera ci diamo una iniziale organizzazione. Scarichiamo anche i viveri,
riempiamo il frigo di Norbert con le scorte che abbiamo messo in valigia. La paura di
morire di fame dev’essere forte, perché con tutto quel che abbiamo portato potremmo
sopravvivere tre mesi.
Mangiamo qualcosa seduti al grande tavolo di cemento che c’è nel piccolo cortile. Fa un
caldo boia. Tant’è, ci dobbiamo abituare. Alle 22 tutti serenamente a nanna. Domani gli
amici ci aspettano a Kiéré. Non vediamo l’ora di incontrarli. Vi racconteremo.
Grande abbraccio a tutti.
La banda dei 5 ( Renato, Daniele, Anna Rita, Rossana e Tere)

 

 

Venerdì 20 gennaio

Di buon mattino eccoci pronti per la nostra prima giornata a Kiéré. Partiamo di buon umore sul
nostro Pick-up che pare funzionare molto bene. Norbert ci fa strada con la sua auto, un po’ meno in
forma del nostro mezzo, tant’è che giunti a Houndé si fa una sosta per una visitina dal meccanico
che gliela rimette in quadro.
Poi la solita svolta a destra per prendere la pista di 25 chilometri che ci conduce a Kiéré.
Forse è perché non siamo più abituati, ma le buche ci sembrano più profonde del solito. L’ultima
stagione delle piogge ha cambiato la fisionomia della strada, certi passaggi non esistono più, nuovi
tratti sconosciuti ci prendono di sorpresa e ci fanno sobbalzare di brutto nell’abitacolo.
L’acqua di certe precipitazioni violente ha disegnato geometrie sinuose lisce e profonde nella terra
rossa, e ha scavato una sorta di piccole grotte in mezzo alle quali passa la strada. Ammiriamo con
stupore queste piccole meraviglie della natura e intanto seguiamo a fatica Norbert che conosce la
strada a memoria e va a tutta birra. E’ divertente, siamo in forma, animati dall’entusiasmo del notro
primo incontro con gli amici del villaggio.
Durante il viaggio incrociamo donne in bicicletta col loro carico di legna, uomini in moto, tanti
bambini davanti alle case sul bordo della strada. Diamo loro il nostro “bonjour” agitando le mani,
giusto il tempo di riconoscerci e le loro facce, dapprima serie, si accendono all’improvviso e si
aprono a grandi sorrisi mentre ricambiano con calore il saluto.
Giunti all’ingresso del villaggio una rappresentanza già ci aspetta e ci accompagna dritti nello
spiazzo a fianco della casa del “délégué”.
Lì ad attenderci un folto gruppo di donne e uomini, i più assidui, quelli con cui siamo soliti
lavorare. Le donne del direttivo “Sanmoussé” ci sono tutte, ci abbracciamo emozionate, è proprio
una gioia rivedersi. Nel cortile del délégué tutto è pronto per accoglierci, cinque sedie in bella
mostra per noi, anche volendo non si può rifiutare di mettersi al centro dell’attenzione! Sulle panche
più vicine le autorità del villaggio: il capovillaggio , gli anziani e i rappresentanti dei vari quartieri.
Ci si saluta a vicenda in modo ufficiale. Subito ci chiedono di Piero e Silvio. Portiamo da parte loro
i saluti più cari. Intanto i balafon dei musicanti suonano lunghi ritmi festosi.
Si parte quindi a far visita al villaggio. Prima tappa, il Dispensario. Ma prima passiamo a salutare
Edith, la farmacista. Come sempre la sua piccola farmacia è pulita e in perfetto ordine, e lei sempre
accogliente e sorridente. Al Dispensario troviamo lo stesso “Major” (capoinfermiere) dello scorso
anno e la stessa levatrice. La situazione igienica è sempre quella cui purtroppo ci siamo abituati, ma
tiriamo un sospiro di sollievo davanti alla sala-parto, col pavimento pulito e le cose al loro posto.
Forse piano piano qualcosa sta cambiando.
I pannelli sul tetto che alimentano la luce elettrica sono molto impolverati ahimé, andrà Daniele il
giorno successivo a pulirli.
La seconda tappa è dedicata al pozzo e lì è una meraviglia. Renato e Daniele fanno i primi controlli:
pannelli tirati a lucido dal guardiano, Ottima portata d’acqua, impianto elettrico in piena regola.
Daniele sale a controllare i bidoni, è tutto ok. Più tardi si fa anche il controllo della qualità
dell’acqua, facendola scorrere in una canalina: è limpida, senza sedimenti. Fantastico. Inoltre il
villaggio sta dimostrando di tenere molto a questo impianto e ne ha cura. E’ la più bella

soddisfazione. Le fontane sono in funzione e in totale ci sono tre guardiani sempre all’opera.
Terza tappa la scuola elementare. Il direttore ci aspetta e ci saluta con calore. Quest’anno il numero
degli alunni è lievitato a oltre 640, per le sei classi. In prima elementare ci sono ben 126 alunni! Ci
accompagna subito a salutare i bambini e la loro giovane insegnante. Appena entriamo nell’aula
siamo investiti dallo sguardo incuriosito di 126 bimbetti tutti belli seduti al loro posto, stretti stretti
nei banchi, allineati fino al fondo dell’aula. Ma riuscite ad immaginare quanti sono 126 bambini in
un’unica aula?? Sono tantissimi!! Ad un comando della loro insegnante ci salutano cantando a
squarciagola, sono fortissimi e teneri! E poi una lunga canzoncina in nostro onore, siamo davvero
divertiti e commossi.
Facciamo il giro delle altre classi, dove il numero di alunni va dagli 80 ai 100.
Il direttore ci spiega che sono aumentati i bambini che arrivano da altri villaggi e perfino da Houndé
arrivano quelli che non ci stanno più nelle scuole del paese perché le classi traboccano di alunni. Ci
vorrebbero più scuole e più insegnanti.
Ci chiediamo quand’è che il capitolo istruzione migliorerà in Burkina e quanto tempo dovrà ancora
passare prima che il governo abbia i fondi e la volontà di investire nella scuola e migliorare l’offerta
formativa per i suoi studenti.
Mentre siamo lì sentiamo il profumo di un qualche cibo pronto. E’ la “cantine”, la mensa scolastica
per tutti i bambini della scuola. In una piccola casetta in fondo al cortile, tre donne-mamme hanno
fatto cuocere riso e fagioli in alcuni grandi marmittoni posti sopra il fuoco. All’interno della casetta
ci saranno 50 gradi…..Salutiamo le cuoche che si fanno fotografare volentieri dietro i marmittoni.
La mensa è a spese dello stato, ma soltanto per un mese e mezzo all’anno, di più non riesce a fare.
Da lì in poi i bambini andranno a mangiare a casa, facendo lunghi tratti di strada quattro volte al
giorno.
La fontana in mezzo al cortile è bloccata, ferma, rotta, fuori uso. Il direttore ci spiega che sono i
bambini che la rompono, ma più quelli del villaggio che non quelli che frequentano propriamente. Il
Comitato della scuola farà costruire un muretto tutt’intorno per proteggerla.
La mattinata è volata e già vengono a cercarci per il pranzo. Siamo invitati a casa del délégué, dove
le donne hanno cucinato, per noi e per la rappresentanza del villaggio, un pranzo davvero
buonissimo a base di pasta, salsa piccante, spezzatino di maiale e pollo arrosto. E poi birra fresca e
bibite. C’ è un clima di gran festa, allegria e amicizia. Al suono dei balafon le donne ci tirano fuori a
ballare , e tutti si divertono un sacco a vedere le nostre mostre di certo sgraziate rispetto all’eleganza
con cui si muovono le nostre amiche africane. Ridiamo insieme. Partiamo a pomeriggio inoltrato,
con l’arrivederci al giorno successivo.
Sabato 21 gennaio
Per la giornata di sabato abbiamo in programma la visita al mulino insieme alle donne.
Il mulino è in piena attività. Sul pavimento bacinelle di mais e miglio da macinare o già macinati,
pronti per essere ritirati.
Al mulino dei cereali è all’opera un nuovo mugnaio, un ragazzino, è davvero giovanissimo. E’ il
terzo che cambiano. Degli altri due precedenti le donne non erano per nulla soddisfatte: il primo le
fregava nella produzione, il secondo beveva troppo e consumava troppo gasolio perché non sapeva
regolare i macchinari. Di questo terzo mugnaio sono contente, lavora bene, è gentile, le rispetta, e
loro quasi gli fanno da mamma. Speriamo sia la volta buona.
La macchina per macinare il Karité invece è rotta. Si sono spaccate le mole e anche l’imbuto.
Renato e Daniele compreranno tutto per la sostituzione. Renato ci propone di far loro questo regalo
da parte nostra , perché queste donne se lo meritano davvero. Infatti, dopo la visita al mulino ci

spostiamo in aula vuota del collège (è sabato, non ci sono gli alunni) per parlare con le donne. E lì
abbiamo modo di constatare quanti progressi abbiano fatto nella gestione autonoma del mulino.
Amandine, la segretaria, ci mostra i quaderni della contabilità, perfettamente compilati con entrate e
uscite giornaliere. Rossana, che fa queso di lavoro, rimane ammirata e fa subito i complimenti ad
Amandine. Fino al mese di aprile hanno tentato di registrare anche le quantità macinate
giornalmente, ma poi hanno desistito, troppo complesso. La questione era già stata discussa lo
scorso anno, lo scoglio derivava e deriva, dalla difficoltà per molte donne a padroneggiare numeri e
calcoli. Infatti la gestione è allargata: una settimana per quartiere, e ogni giorno due donne diverse.
Hanno così deciso di semplificare la registrazione eliminado il calcolo delle quantità, (anche sotto
consiglio della sociologa Clémence ) e hanno trovato una loro modalità di registrazione a conteggio
di barattoli e bacinelle per calcolare la corrispondenza in entrate. Le uscite si riferiscono alle spese
di manutenzione e all’acquisto di gasolio.
Dopo la pausa pranzo riprendiamo l’incontro con le donne per farci ancora raccontare come stanno
dunque le casse del mulino. Anche qui una bella sorpresa: hanno messo da parte in un anno
360.000 franchi cfa per l’ammortamento, esattamente 1000 cfa al giorno come avevano deciso lo
scorso anno. Per un ammontare in euro di 553 euro. In cassa sono in attivo di 988 euro. Ogni
200.000 cfa (300 euro) la presidente, la segretaria e la cassiera, si recano in banca e fanno il
versamento. Facciamo loro calorosi complimenti per una gestione così puntuale e un grosso
applauso!
Regaliamo loro una foto di gruppo con tutto il direttivo, fatta lo scorso anno, ne sono felici.
Da parte nostra vogliamo rinnovare la nostra tessera, ma le donne ci dicono che la tessera vale per
sempre. Rossana entra nell’Associazione, e, secondo la regola bizzarra che si son date, chi entra
dopo paga il doppio! Così Rossana versa 3000 cfa (euro 4.50) e noi nulla!
Parliamo ancora un momento della trasformazione della soia, ma tutto il progetto soia lo
discuteremo quando verranno prossimamente i tecnici di LVIA-OUAGA. Le donne ci raccontano
che hanno imparato, alla formazione a Bon, a fare altri prodotti a base di soia: gallette, couscous, il
“gnonco”, a base di farina di soia e di fagioli, e il “soumbala”, utile per la preparazione di una salsa
molto in uso.
Al momento hanno macinato la soia secca utilizzando la macchina del mulino per i cereali.
Anche questa giornata bella piena è finita! Torniamo a casa contenti e soddisfatti. Domani è
domenica , riposo!!
A presto per altri aggiornamenti!
Cari saluti a tutti dalla Banda dei 5!

 

 

 

 

Kiéré 16 gennaio – 3 febbraio 2016

Prima puntata – 19 gennaio 2016

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Carissimi amici, eccoci finalmente al nostro primo appuntamento scritto. Tutto è un po’ in ritardo perché gli imprevisti di cui sapete ci hanno cambiato un po’ i programmi, la data lo dice, “Kiéré 16 gennaio”, e non “15 gennaio”, come avrebbe dovuto essere. E in quelle 24 ore eventi fuori dall’ordinario hanno dilatato il tempo, esercitato la nostra pazienza e immersi in prima persona in una di quelle situazioni che sei abituato a sentir raccontare alla tv. Tutto era cominciato benissimo, noi quattro belli carichi e in buona compagnia, tutto ok fino al momento in cui abbiamo sorvolato Ouaga verso le 21 di venerdì 15. Dall’alto vedevamo già le luci della città, ormai pronti per l’atterraggio. Ma ad un tratto le luci della città sono scomparse, abbiamo ripreso quota, e per i dieci minuti successivi ci siamo chiesti cosa stava succedendo. Perché non atterravamo? Poi è arrivato l’annuncio:” “Per motivi di sicurezza non possiamo atterrare a Ouagadougou, siamo diretti a Niamey, in Niger”. In meno di un’ora siamo giunti a Niamey, e il successivo annuncio del personale di bordo ci informava che non saremmo scesi dall’aereo, e che avremmo aspettato un rifornimento di carburante per poter proseguire il viaggio. Marco Alban ci ha in seguito raccontato che l’aeroporto di Niamey è quello più vicino a Ouaga e anche quello col petrolio al miglior prezzo. Niamey era infatti solo una tappa del dirottamento da Ouaga, non avrebbe potuto ospitare nei suoi alberghi un numero così grande di passeggeri, il nostro volo era al completo, più di 300 persone, oltre all’altra linea della Turkish anch’essa dirottata da Ouaga. “Una volta giunto il carburante valuteremo una delle due destinazioni possibili: Parigi o Lomé in Togo”. Le comunicazioni del personale di bordo erano abbastanza telegrafiche, non raccontavano nulla sulle motivazioni del dirottamento, se non il lapidario “per questioni di sicurezza”. Qualche informazioni in più ce l’ha fornita Ibrahim,un compagno di viaggio burkinabé che parlava bene l’italiano e si è messo in contatto al telefono con certe sue conoscenze altolocate. E’ da lui che abbiamo appreso che Ouaga era stata colpita da un attentato piuttosto serio. E noi come ci sentivamo? Un conto è sentire queste notizie in tv o leggerle sui giornali, un conto è esserci dentro. Eravamo molto dispiaciuti di questo ennesimo fattaccio, ma in quanto a noi eravamo tranquilli, fiduciosi che tutto si sarebbe risolto bene, la mettevamo anche un po’ sullo scherzoso…”Così potremo sempre dire che siamo stati anche in Niger e in Togo!”. E la consueta ironia e capacità di sdrammatizzare di Piero ci ha certo dato una bella mano. In effetti noi volevamo ardentemente compiere la nostra missione! Eravamo certi che in qualche modo saremmo arrivati a Ouaga un po’ prima o un po’ dopo.

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Piero, volontario ora a Kiere

Il famoso bicchiere mezzo pieno, anziché mezzo vuoto. E poi ci sentivamo in buone mani con Air France, e anche il resto dell’equipaggio nella sua totalità ha saputo mantenere la calma. E poi certo, la solita cosa che in questi casi si dice, “Perché proprio oggi? Perché proprio a noi? “. E’ un luogo comune che certe cose debbano succedere solo agli altri. 2 Verso le due di notte atterriamo a Lomé. Cominciamo ad essere stanchi e l’impatto con un’aria caldissima e piena di umidità che troviamo a terra di certo non ci aiuta. Qui la situazione si complica un po’, perché ci devono fare il visto d’ingresso. Compiliamo il solito modulo, e aspettiamo tutti ammucchiati nei locali dell’aeroporto che il personale addetto ci prepari i visti controllando uno ad uno i passaporti di 300 persone…con la proverbiale calma africana, ma dopotutto comprensibile in una situazione così imprevista e improvvisa. Cominciamo ad aver qualche cedimento. Io penso alle migliaia di profughi che fuggono dai loro paesi in guerra, senza nulla, senza sapere dove andranno a finire, né per quanto tempo durerà la loro fuga. Mi sento vicina a loro, anche se la cosa che ci sta succedendo è sicuramente tutt’altra storia. Fuori dall’aeroporto ci aspettano le navette. Riusciamo a salire su un fuoristrada che ci porta all’albergo. E’ un hotel di lusso, molto europeo. Aspettiamo un’altra lunga ora il controllo dei passaporti e l’assegnazione delle camere. Anna ed io in una camera, Piero e Silvio in un’altra. Spegniamo la luce alle 4,15 del mattino. Possiamo dormire tre ore, perché alle otto in punto ci aspettano nella hall per dirci cosa avrà deciso di fare Air France, portarci a Parigi o se è possibile ricondurci a Ouaga. Ci addormentiamo pensando che lasciamo al destino la decisione su cosa faremo. Sappiamo che se Air France deciderà per Parigi il nostro viaggio con tutti i suoi programmi finirà lì, torneremo a casa, perché vorrà dire che l’aeroporto di Ouaga è bloccato e ci vorranno giorni prima che la situazione riprenda la normalità, e nel frattempo i nostri giorni a disposizione sfumeranno.

SABATO 16 GENNAIO

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Tere, volontaria ora a Kiere e narratrice

Al mattino di sabato 16 alle otto scendiamo per la colazione ma per sapere qualcosa in più dobbiamo aspettare le dieci. In realtà sappiamo ben poco, scopriamo che il volo torna a Ouaga solo quando siamo in aeroporto, dove i controlli dei documenti sono serrati e portano ancora per le lunghe. Riusciamo a decollare solo intorno alle 13.30 circa del pomeriggio e arriviamo a Ouaga verso le 15. Altri controlli a raffica e poi finalmente al tapis roulant per il ritiro dei bagagli. Ci siamo dai, ci siamo. Aspetta e aspetta…alla fine non c’è più nessuno, se non noi quattro più un ragazzino e una suorina. Morale, manca il mio bagaglio più grande…Questo è troppo!! Non ci posso credere! Anche l’anno scorso tornando dall’Africa uno dei miei bagagli era andato perso! Questa non ci voleva! La pancia semivuota, Air France ci aveva distribuito solo più un bicchier d’acqua a testa, la stanchezza pesa..sono un po’ disperata, anche perché so che fare la denuncia di smarrimento richiederà abbondante altro tempo! I compagni di viaggio sono compatti, preparano su un carrello tutti i bagagli, e aspettiamo. Chiamo Norbert al telefono per un help. Lui ci raggiunge, in qualche modo ottiene il permesso di entrare in aeroporto e mi dà una mano per la denuncia. Usciamo dall’aeroporto alle 17 circa. Norbert ci accompagna alla maison d’accueille alla periferia di Ouaga, tutto è tranquillo, come se non fosse successo nulla. Ci racconta in breve cosa è successo al “Cappuccino”, il locale dell’attentato. Alcuni suoi conoscenti sono morti. Lui e Marco erano nei dintorni dell’aeroporto ad aspettarci, ed hanno sentiti i botti secchi degli spari. Il resto l’avete appreso anche voi dai giornali. Finiamo la giornata in un ristorantino tranquillo lontano dal centro, e cerchiamo di rilassarci un po’. Pollo e patatine e una buona dormita ci rigenerano.

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Norbert con Silvio anche lui ora in Burkina Faso e Laura

Alle nove del mattino raggiungiamo l’ufficio della Lvia dove ci aspettano Marco e Federico. Marco è un po’ provato e subissato di telefonate per via di quel che è successo. Commentiamo insieme. “Grazie per essere qui, con noi e in Burkina, la vostra presenza ha un significato importante in questo preciso momento”. Entriamo subito nel vivo di quanto era in programma: la discussione sul progetto soia. Federico, coordinatore del progetto per Lvia, ci illustra nei particolari il programma. Nel “plateau central” (territorio di Ouagadougou) è al suo secondo anno un progetto sulla filiera della soia previsto per tre anni, finanziato dalla “Fondation pour l’Afrique”. Tale progetto interessa 180 ettari di terreno per la coltivazione e coinvolge 280 produttori. Secondo quanto già valutato e discusso con Norbert, e tra di noi di Lvia-Sangano, sarebbe ottima cosa riuscire ad inserirci in parte in questo progetto, e realizzare sul territorio di Kiéré e dintorni un progetto sulla filiera della soia, dalla preparazione delle sementi a origine controllata, alla coltivazione, alla conservazione e successiva trasformazione in prodotti prima di tutto per la consumazione ma anche per la commercializzazione. Si tratta di vedere se Lvia-Sangano riesce ad entrare in parte in questo progetto, ed usufruire dei finanziamenti per quanto riguarda la formazione dei produttori e l’educazione alimentare. Oggi stesso Federico incontrerà i finanziatori e farà quanto in suo potere per raggiungere tale obbiettivo. Questo in estrema sintesi.

Anna Rita; la nostra supermamma Imiut ora a Kiere

Produrremo a tempi brevi una relazione più dettagliata sulla questione, Anna Rita sta raccogliendo gli appunti. Un gustosissimo “ris gras” e una birra ci tonificano e ci preparano alla partenza per Boni. I bagagli sono sul pick-up, noi tutti in macchina con Norbert. Ma attenzione, il fuoristrada è sgangherato perché quell’altro che Norbert aveva affittato gli si è rotto il condizionatore e la ditta voleva aggiustarlo. La macchina di Norbert invece ad un certo punto fa brutti rumori, ci fermiamo, è buio, non possiamo andare a raccogliere le frasche per segnalare che siamo lì fermi sulla strada, come usa qui! Con la testa sotto la macchina Piero e Silvio cercano di capire di cosa si tratta, pare non sia una cosa grave, ma dobbiamo procedere ai 50/60 all’ora. Come diceva la mia amica, scusate la crudezza, “la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo!” Così arriviamo a Boni intorno alle 21. In ogni caso, bicchiere mezzo pieno, siamo contenti davvero di essere finalmente “a casa”! Scarichiamo ancora i bagagli e tutte le nostre spese. Ceniamo alla veloce con pane e salame e finalmente a nanna, un po’ stremati. All’alba di lunedì non sentiamo né gli asini ragliare né cantare i galli, non abbiamo tempo, troppo bisogno di dormire.

LUNEDI’ 18 GENNAIO

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Il Benvenuto a Kierè

Partenza alle 8 del mattino per Kiéré, al villaggio ci aspettano. Con noi c’è anche Anselme, l’aiutante di Silvio. Durante il viaggio Anna Rita si guarda intorno curiosissima, è la sua prima Africa, e trova tutto bello e interessante. L’accoglienza con tutti i sacri crismi, come amano fare, il villaggio ce l’aveva preparata per domenica, arrivando con un giorno di ritardo tutto è saltato e così arriviamo fino all’ingresso del villaggio dove sono ad aspettarci una delegazione. I primi saluti calorosi, abbracci e grandi sorrisi ad accoglierci. Si va dritti alla casa del “delegué”, uno dei delegati del villaggio. Ad aspettarci le rappresentanze religiose, il capo villaggio, il direttivo donne. Presentazioni e discorsi da ambo le parti. Portiamo i nostri saluti più cari da parte di Renato e di tutti gli amici di Lvia-Sangano. Tutti insieme facciamo un giro di visita al villaggio e ai nostri progetti 4 avviati. Cominciamo dal Dispensario. C’è un nuovo capo-infermiere, “le major”, e una nuova “accoucheuse”. I locali sono un po’ più puliti del solito, (siamo un po’ cattivi e ci diciamo che li han puliti per farci piacere). Anna Rita l’avevamo preparata a quel che avrebbe

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Dispensario

trovato, il problema dell’igiene è serio, ne abbiamo già parlato altre volte. Anna Rita è pronta a tutto, anche se per lei deve essere ancora più difficile in questo caso, visto il suo lavoro di infermiera. Ma lei è bravissima, dice che è partita senza preconcetti, con la testa svuotata. C’è qualche problema con l’impianto luce fornita dal pannello solare, Piero andrà a controllare. Edith la farmacista ci aspettava con ansia e mi abbraccia con grande affetto. Nel grande spazio che c’è di fronte al Collège ci sono i due caseggiati che ci interessano molto, il fabbricato di Norbert pronto ad accogliere lo “studio” di ottica e il nuovo mulino. La “casa degli occhiali” è bella, ha una grande stanza dove scarichiamo tutti i materiali e ci sono altre tre stanze. Presi dalla foga ci mettiamo ad aprire gli scatoloni e Silvio e Anselme e Piero montano le apparecchiature sotto gli sguardi curiosi e interessati di tutti quelli che sono venuti ad assistere all’operazione, i bambini con gli occhioni grandi accalcati

Piero e Silvio intenti a montare gli apparecchi.

Piero e Silvio intenti a montare gli apparecchi.

dietro i quadranti delle finestre. Anna Rita ed io montiamo le scatole per gli occhiali e li dividiamo. Non ci accorgiamo che il tempo passa veloce, Norbert viene a chiamarci, le donne ci aspettano da un bel po’ al mulino. Interrompiamo il nostro lavoro e andiamo tutti a visitare il nuovo mulino in piena attività. Grandi abbracci tra noi donne. Piero con occhio scrutatore controlla la sistemazione dei macchinari, trova difetti che per lui non dovrebbero esistere, parla con le donne e spiega loro che la faccenda è da rivedere con calma. Per domani stesso è già fissato un appuntamento con il tecnico che ha curato gli impianti.

Appena fuori dal mulino Marie mette in mano a me e a Anna Rita una bottiglietta di aranciata con dentro un liquido denso blu.

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Il Mulino.

Subito non capiamo di cosa si tratta, ce lo dicono loro, è il sapone liquido che hanno imparato a fare. Ne sono fiere, lo producono, per la loro famiglia per lavare i loro bambini. Il resto lo vendono al mercato. Abbiamo tante cose da raccontarci sull’esperienza di formazione che hanno fatto nei mesi scorsi con Elisabeth e sul microcredito appena avviato. Decidiamo di vederci domani, ci sarà anche Elisabeth. Vi racconteremo. Verso le 14.30 Il “delegué” ci offre una pasta buonissima e del pollo. Approfittiamo di questa pausa per discutere a lungo e con calma tra noi, con Anselme, con Norbert e con i delegati del villaggio su come organizzare le viste oculistiche, possibili costi e abbozziamo delle idee anche in merito alla prosecuzione del progetto dopo la nostra partenza, in modo che il progetto veda nel prossimoIMG-20160119-WA0004 futuro una sorta di auspicabile autonomia. Anche su questo argomento invieremo documento dettagliato.

Ci ritiriamo che si sta facendo buio, a casa ci prepariamo questa volta finalmente una buona cena. Oggi Silvio, Anselme Piero e Norbert sono tornati a Kiéré per continuare i lavori alla –“casa degli occhiali”. –Anna Rita ed io siamo rimaste a Boni per scrivere e raccogliere le idee su tutto quanto stiamo facendo. Vi abbracciamo tutti con grande affetto. La lontananza non ha impedito che i vostri pensieri e il vostro incoraggiamento ci arrivassero dritti al cuore.

 

Tere per la nuova “banda dei quattro”.

 

 

Seconda puntata – domenica 24 gennaio

Carissimi amici, scusate per il ritardo di questo secondo appuntamento, ma abbiamo avuto una settimana molto densa di attività, partenza per Kiéré ogni mattina alle 7.30 e ritorno quando è già quasi buio, il tempo di una doccia rigenerante, la cena da preparare in collaborazione, poi ci si rilassa un po’ intorno al tavolo, si commenta la giornata, si telefona a casa e poi dritti a nanna! In ogni caso stiamo bene, fa caldo, intorno ai 32-33 gradi, clima sopportabile perché asciutto. E’ sufficiente, se possibile, non attraversare il villaggio in pieno pomeriggio, quando il sole scotta. Il délégué e David, il consigliere del CVD (comitato di villaggio), sono sempre presenti e disponibili a accompagnare e favorire ogni attività, così pure le donne dell’Associazione Sanmoussé, di modo che riusciamo quasi sempre a svolgere le attività che mettiamo in programma in condivisione con il villaggio. Oggi è domenica, si fa vacanza! Una bella e lunga Messa cantata qui a Boni, celebrata da Norbert, in una chiesa gremitissima, un giro al mercato di paese e nientedimeno che gnocchi per pranzo preparati da me e Anna Rita! L’ardua impresa ha prodotto gnocchi buonissimi! Rivedendo gli appunti tento di farvi un resoconto delle nostre giornate da mercoledì in poi.

 

MERCOLEDI’ 20 GENNAIO

Quando entriamo in Kiéré andiamo dritti alla “casa degli occhiali” perché l’attività di Silvio è ormai tutta super organizzata e sappiamo che la gente aspetta. In effetti davanti alla casetta c’è un bel colpo d’occhio: una lunga fila coloratissima di persone è in attesa. Seduti sulle panche che sono state preparate per loro, le mamme con i loro piccoli, molte persone anziane, sia uomini che donne, tutti ordinati e composti in fiduciosa attesa di una risposta per i loro problemi di vista. Il team si mette subito in azione: Silvio indossa il camice bianco e si prepara nello “studio”, mentre Anselme e Pierre cominciano a compilare le schede con tutti i dati dei “pazienti”: nome e cognome, data di nascita, il disturbo visivo che viene dichiarato, il villaggio di provenienza. La maggior parte è gente di Kiéré, ma soprattutto nei giorni successivi, quando ormai la voce è corsa velocissima, arrivano numerosi anche dai villaggi vicini. Tutti i giorni, compreso ieri, IMG-20160120-WA0001sabato, lo stesso scenario si ripete. Il lavoro è intenso, fino a pomeriggio inoltrato, salvo una pausa pranzo di circa un’ora. Se entri nello “studio” l’aria che tira è quella di grande efficienza e serietà, e credo che questo colpisca molto i pazienti, fieri di farsi visitare da un’équipe così valida e competente. Anselme è figura efficiente e indispensabile nel suo lavoro di appoggio a Silvio, anche perché parla la lingua locale, e quindi prezioso collaboratore per riuscire a comunicare con la gente. Pierre, che fa parte del CVD, garantisce il rispetto dei turni nell’atrio esterno. Quando la sera chiediamo a Silvio come è andata, è più contento se è riuscito a risolvere ad un buon numero di persone il loro problema, consegnando alla fine della consultazione un paio di occhiali. Molto spesso però i problemi non sono risolvibili con un paio di lenti, molti anziani hanno problemi di cataratta. Ma come dice Silvio, non si lamentano, e sono già contenti di essere stati visitati da uno specialista degli occhi! Gli occhiali vengono pagati 2000 cfa, mentre il costo della visita è di 200 cfa. Il denaro viene versato nella cassa del CVD e sarà utilizzato per finanziare in futuro Anselme, nella auspicabile prosecuzione dell’attività. Il denaro in più sarà donato al Centro sanitario. Anna Rita ed io invece raggiungiamo le donne nello spiazzo del mercato. Oggi c’è riunione con loro, alla presenza di Elisabeth. Sono tante! Un centinaio circa, e soprattutto sono presenti i comitati-donne dei sei quartieri di Kiéré. Vogliamo fare insieme un bilancio delle attività che hanno svolto quest’anno e il loro resoconto in questo momento riguarda soprattutto la formazione sulla fabbricazione del sapone. Ne sono entusiaste, si riuniscono tre volte al mese per produrlo, poi ognuna ne compra una parte e il denaro viene versato nella cassa dell’Associazione e sarà utilizzato per acquistare nuovamente i prodotti necessari per una nuova produzione. Ma dicono che la produzione attuale è ancora troppo bassa, consumano rapidamente il sapone in famiglia e ne vendono anche al mercato. Attualmente affittano gli stampi, ma per via del costo non possono usufruirne più di tre volte al mese. L’ideale sarebbe che gli stampi fossero di loro proprietà ma al momento è un costo che non possono sostenere. Rifletteremo insieme sulle soluzioni possibili. Mentre parliamo si fa avanti una giovane ragazza con un cesto pieno di bottigliette di sapone liquido, ce le vuole vendere! Il costo è di 100 cfa a bottiglietta. Il prezzo è basso, ma è stato deciso da loro. Anna Rita 198ed io ne compriamo subito un paio, ma facciamo anche un ordine più consistente che vogliamo portarci a casa, valigie permettendo! Approfittiamo di questo incontro allargato per sottolineare quanto sia importante l’attività che stanno svolgendo, perché di certo contribuisce a migliorare le condizioni igieniche anzitutto nell’ambito famigliare. Due ore sono volate, le donne son sempre contente di ritrovarsi insieme, non hanno fretta, e siamo felici di reincontrarci. Ma è tardi e aggiorniamo l’incontro. N el frattempo Téné ci ha cucinato pasta con i cavoli e pollo gustoso alla casa del délegué. Andiamo molto volentieri a rifocillarci tutti quanti noi della “banda dei 4” e intanto se ne arriva il famoso “tecnicien”del mulino. Così dopo pranzo ci trasferiamo con le donne del direttivo di base nella casa del mulino perché Piero dice che devono essere presenti anche loro alla discussione. Secondo Piero ci sono dei problemi nella installazione dei macchinari a terra, soprattutto non sono allineati come dovrebbero per garantire un buon e duraturo funzionamento. Sotto il rumore assordante dei macchinari il tecnicien e Piero aprono una lunga discussione in merito, il tecnicien parla poco, più che altro ascolta, con un sorriso un po’ teso stampato sulla faccia, le appassionate richieste di spiegazione da parte di Piero. Poiché al momento sarebbe impossibile rifare tutto il lavoro, Piero strappa al tecnico la promessa che se ci saranno guai con la sistemazione attuale, il tecnico farà gratuitamente le dovute eventuali riparazioni .

 

GIOVEDI’ 21 GENNAIO

Eccoci di nuovo a Kiéré di buon mattino! Ecco la fila colorata puntualissima davanti alla casa degli occhiali che aspetta paziente. In media sono circa trenta persone al giorno. Lunedì prossimo Silvio e Anselme si presenteranno ai direttori delle scuole per dare il via alle visite dei bambini segnalati dagli insegnanti. Piero anche lui lavora con il team oculistico ma da oggi comincia ad organizzare l’attività per la formazione sulla saldatura che terrà nei prossimi giorni. Anna Rita ed io riprendiamo il nostro confronto con le donne, oggi c’è solo il direttivo centrale e naturalmente Elisabeth. IMG-20160120-WA0002Vogliamo capire come funziona la gestione del mulino e anche com’è partito il microcredito. Il mulino lavora molto e rende bene. La farina che si ottiene è di apprezzata qualità perchè molto fine. Si alternano nella gestione due donne per ogni quartiere. Aiutano il mugnaio e incassano i soldi. Compilano un quaderno settimanale e uno mensile per la registrazione delle entrate e uscite E’ da affinare la registrazione di tutti i dati riferiti alla macinazione dei cereali, del karité e al consumo del gasolio . A fine giornata l’incasso viene ritirato da Amandine, e una volta la settimana viene tutto consegnato alla tesoriera Marie alla presenza della segretaria Bernadine. Raggiunta una certa cifra il denaro viene versato sul loro conto presso “Ecobank” dalla presidente e dalla segretaria. Poi si apre l’interessante paragrafo del microcredito. Le donne iscritte all’Associazione sono 220 e hanno scelto di usufruire nella totalità del microcredito. Ognuna di loro ha investito i 9.000 cfa consegnati (13,84 euro) in piccole attività di reddito. Ci facciamo raccontare alcune di queste attività: Clarisse compra e vende pomodori, al mercato, e prepara una salsa per il tò. Téné compra e vende arachidi, Amandine invece fa mercato con le arance. Altre fanno gallette di mais, sapone, burro di karité ecc. Le attività sono svariate e interessanti! Dopo 6 mesi (giugno) dovranno restituire il loro prestito maggiorato del 10%, consegnando il denaro alle responsabili di ciascun quartiere che pubblicamente consegnerà i soldi al Direttivo centrale-donne alla presenza di Norbert e Elisabeth. Speriamo vivamente che tutto funzioni. Bernadine come attività prepara a casa sua il riso con i “poids de terre”, una sorta di piselli. Allora ci prenotiamo per il giorno dopo tutti quanti a pranzo! Buonissimo il suo riso! Per la cifra di 300 cfa a testa.

 

VENERDI’ E SABATO 22/23 GENNAIO

130iIl venerdì Piero è pronto per cominciare la sua attività di saldatura con 7 giovani che si sono proposti. In realtà insorge un problema: l’attività non si può svolgere perché il generatore non riesce a fornire energia al mulino e alla saldatura contemporaneamente! Si rimanda tutto al giorno dopo, il mulino interromperà il suo lavoro per due ore, e Piero svolgerà così la sua formazione. Così è stato, e sabato Piero era soddisfatto del lavoro svolto, i giovani hanno collaborato bene. Invece Anna Rita ed io siamo state al Dispensario per la registrazione dei medicinali. Menomale che c’è Anna Rita! Che sollievo la consegna quest’anno! Si sono intesi alla grande con il “major” e la farmacista Edith. Come l’anno scorso ci è stato dato il resoconto delle medicine portate e utilizzate durante l’anno con puntuale registrazione anche del denaro incassato. Domani è lunedì, e riprenderemo con rinnovata energia le nostre attività. Vi terremo informati. Carissimi mi fermo qua, perché mi aspettano per la cena! Alla prossima con un grande abbraccio. Cari saluti anche da Norbert!

Tere per la “banda dei 4”

 

Terza puntata –

martedì 26 gennaio

Carissimi amici, la nostra seconda settimana ha inizio lunedì 25. Saliamo alle 7.30 sul piccolo bus direzione Kiéré. Giusto, il piccolo bus. Non vi avevo ancora detto che il fuoristrada super attrezzato che era poi arrivato in sostituzione dell’altro che avevamo in uso, si è fuso la settimana scorsa sulla strada per Houndé, 24 ore dopo che l’avevamo preso in carico. E te pareva! Il rumore di uno strano sbuffo prolungato ci è giunto nell’abitacolo dopo 10 minuti dalla partenza. Apparentemente sembrava non fosse successo nulla, ma ci fermiamo a Houndé per verificare e aperto il cofano ci investe un poco promettente fumo nero. L’olio se n’è andato tutto e il danno al motore è certo. Insomma, nel giro di un’ora, dopo numerose telefonate di Norbert, arriva un pulmino piuttosto sgangherato di quelli che usano tanto in Africa, quelli su cui viene caricato il mondo, caprette e polli compresi sul tettuccio. E’ tutto quel che Norbert è riuscito a recuperare, con tanto di autista. Per noi tutto sommato va benissimo. Ci han tolto un po’ di sedili che non usiamo e stiamo belli comodi, e il vantaggio è di avere un giovane autista burkinabé che è un mago nell’affrontare le buche dei 25 chilometri di pista che percorriamo ogni giorno all’andata e al ritorno. E poi con questo mezzo molto africano passiamo quasi inosservati. Quel mattino raggiungiamo Kiéré due ore dopo del previsto e i più contenti al nostro arrivo sono le persone che aspettano l’apertura dello studio di ottica.

LUNEDI’ 25 GENNAIO

Quando arriviamo al villaggio per prima cosa andiamo a Dorà, uno dei quartieri di Kiéré, per parlare con il direttore della scuola in merito ai bambini che necessitano della visita oculistica. Forse lo scorso anno non avevamo ancora visto la nuova scuola finita di tutto punto. Se ricordate si tratta della scuola che il Ministero, passando per le istituzioni 118locali, ha costruito. Era stato il nostro patto col villaggio: “Noi sosteniamo e vi aiutiamo nella costruzione del Collège ma voi diteci che farete il possibile per spingere le istituzioni a mantenere la promessa di costruzione della scuola di Dorà che si trascina da anni”. A distanza di due mesi da quell’accordo erano arrivati tutti i permessi necessari e la costruzione della scuola era stata avviata in concomitanza con la costruzione del Collège. La scuola è molto bella, dipinta di tutto punto, un batiment di tre aule con reclutamento biennale degli alunni. Le aule sono pulite, gli alunni seduti nei loro banchi in bell’ordine, due giovani insegnanti bellissime e sorridenti , oltre al direttore. Ci si accorda per le visite dei bambini e torniamo nel settore A di Kiéré, dove svolgiamo le nostre attività. Subito iniziano le visite oculistiche, mentre Piero organizza la sua attività di saldatura. Anna Rita ed io e Norbert raggiungiamo invece la casa del délégué dove ci aspetta il Direttivodonne. Abbiamo deciso questo incontro con Norbert perché con il suo aiuto vogliamo capire meglio alcuni punti non chiari nella organizzazione della loro attività. Cominciamo dalla fabbricazione del sapone. Durante la formazione ne avevano prodotto molto con l’ottimo incasso totale di circa 120 euro. Ma poi la produzione si è un po’sfilacciata, l’hanno fatta a piccoli gruppi autonomi, tralasciando la redditizia produzione collettiva, anche a causa del sopraggiunto lavoro nei campi. Norbert sottolinea l’importanza di continuare a lavorare insieme per rafforzare lo spirito di collaborazione all’interno della nuova Associazione Sanmoussé e per avere buoni proventi da mettere in cassa grazie al lavoro comune. I mesi da qui a giugno sono ideali per l’acquisto del karité (componente essenziale del sapone) e per il maggior tempo libero delle donne. Più ardua si fa la questione riguardo alla contabilità del mulino, per capire con loro quali sono stati i problemi riscontrati. Hanno registrato bene le differenti quantità macinate e i consumi del gasolio solo durante la prima settimana di attività del mulino, sotto la guida di Elisabeth, poi hanno tralasciato. Il problema è soprattutto legato alla difficoltà di inserire nella gestione le donne alfabetizzate. La proposta di Elisabeth era stata quella di scegliere un comitato di gestione di 6 donne fisse, alfabetizzate, una per quartiere. Ma le donne hanno rifiutato questa proposta, hanno preferito una partecipazione molto allargata, con rotazione giornaliera delle donne, per evitare conflitti e gelosie, come pare sia successo in altre esperienze di gestione fissa andate a male. Norbert ritiene coraggiosa e ammirevole la scelta della partecipazione allargata, ma certo organizzarsi in questo modo è ben più complicato. Inoltre la scelta delle donne all’interno di ogni quartiere è stata fatta sulla base dei criteri di grande affidabilità e onestà, e non è detto che questi elementi abbiano coinciso con l’essere capaci a scrivere e contare. Ora stanno pensando, stiamo pensando insieme, ad altre forme di registrazione che non siano per forza la scrittura e i numeri canonici. Ci sono già 168delle proposte da parte loro. In ogni caso quel che invece han sempre registrato è la cifra di incasso giornaliero, perché questo è a carico della responsabile di quartiere cui vengono consegnati i soldi a fine giornata. Controlliamo con cura i diversi quaderni di registrazione settimanale e mensile che compilano la segretaria Bernadine e Amandine. Pare risultare che siano in deficit , ma invece no, avevano solo omesso alcune registrazioni di incasso. In realtà sono in attivo di 170.000 cfa, e hanno appena comprato 200 litri di gasolio che durerà tre mesi. La casetta del mulino è tutta pagata (1.130 euro) ed è stata completamente a loro carico. L’incasso in attivo permetterà loro anche di restituire al délégué i 50.000 cfa da lui prestati per la formalizzazione dell’Associazione Sanmoussé. In definitiva riteniamo che queste donne abbiano fatto un gran buon lavoro, è complessa questa storia del registrare tutto, per loro è un modo di procedere sconosciuto e lontano dal loro mondo e dalla loro quotidianità. Ciò di cui siamo certi è che hanno ancora bisogno di essere accompagnate e ulteriormente formate, per impadronirsi con sicurezza degli elementi essenziali di contabilità fondamentali per una corretta e autonoma gestione. Chiedono espressamente che sia Norbert a seguirle, formarle ulteriormente e accompagnarle in questo specifico percorso. Elisabeth potrebbe seguirle nelle attività più pratiche. Ne riparleremo insieme. Un altro importante punto che prendiamo in esame con le donne ha a che fare con l’ammortamento dei macchinari. Era una delle condizioni dell’accordo che avevamo stabilito insieme lo scorso anno. Accantonare l’ammortamento significa divenire autosufficienti, perché quando il motore, o una delle macchine, si romperà avranno già i soldi da parte per sostituirlo. Si discute e si calcola a lungo qual è la cifra opportuna e il direttivo-donne decide per la quota di 1000 cfa al giorno. Nel giro di due anni si dovrebbe avere già a disposizione il denaro utile per finanziare un nuovo motore, e si potrà eventualmente abbassare la cifra di ammortamento. Si decide anche che il denaro accantonato verrà versato con probabilità su un conto a parte, da non toccare per alcun motivo. Per quanto riguarda la manutenzione provvederanno a rintracciare una persona che se ne possa occupare una volta la settimana con regolarità. L’incontro è durato praticamente tutto il giorno, con pausa pranzo da Bernadine, tutti quanti, per gustare di nuovo il suo riso con poids de terre, pagando il giusto.

MARTEDI’ 26 GENNAIO

Oggi le donne si stanno organizzando per le prossime due giornate, perché hanno deciso di fare con noi il sapone e la trasformazione della soia in “brochettes” (spiedini). Stanno raccogliendo i materiali necessari, e noi non vediamo l’ora di partecipare. Anna Rita ed io siamo felici di questa opportunità. Intanto “la casa degli occhiali” continua ad essere frequentatissima. Le visite giornaliere arrivano anche a 40 e più e ogni giorno gli insegnanti accompagnano gruppi di360 bambini dalla scuola. Alcune persone arrivano da molto lontano. Un tipo si è fatto 64 chilometri in moto per raggiungere lo studio. Arrivano anche persone benestanti, come la famigliola sul fuoristrada con un paio di bimbi vestiti per bene con tanto di sandaletti ai piedi. Nell’attesa i bimbetti gironzolano fuori ma scappano quando vedono i polli! Tutto detto sul loro status privilegiato. Silvio, Anselme, Pierre, spesso Piero, lavorano incessantemente dal mattino alla sera in perfetta organizzazione e sintonia. David controlla e sorveglia che tutto fili liscio tra le persone in attesa. Spesso c’è anche Philip, che aiuta a i “pazienti” a decifrare il tableau con i segni graduati. Piero di solito nel primo pomeriggio si dedica un paio d’ore al corso di formazione-saldatura. Il mugnaio smette due ore di lavorare per lasciare tutta l’energia utile a disposizione. Ci sono stati dei problemi, gli appunti di Piero per gli addetti ai lavori mi dicono: “l’impianto dall’alternatore alle prese presentava problemi di collegamento. Il salvavita-interruttore automatico era sottodimensionato per gli ampere della saldatrice, si è rotto ed è stato sostituito”. I ragazzi che frequentano il corso sono 12. Si esercitano a piccoli gruppi, provano, 130nguardano uno dall’altro e si danno consigli, sotto la supervisione di Piero. Qualcuno aveva già fatto qualcosa, altri sono alla prima esperienza, ma tutti sono interessati. Philip, personaggio factotum, eclettico e creativo qual è, ha avuto un’idea fantastica: vorrebbe, dopo il corso di Piero, continuare a seguire i ragazzi nella saldatura e magari dedicarsi con loro a costruire porte in ferro, occupandoli nei mesi in cui non lavorano nei campi. Speriamo tanto che realizzi davvero il suo progetto. Bene, mi fermo qua. Altri aggiornamenti nella prossima puntata. L’harmattan che soffia in questi giorni e ci fa mettere la felpa al mattino, vi porti i nostri saluti e pensieri più cari. Siamo qui a nome di tutti voi e grazie a voi.

Un abbraccio ventoso – Tere per “la banda dei 4

Quarta puntata –

venerdì 29 gennaio

Carissimi amici, siamo agli sgoccioli della nostra permanenza a Kiéré e contiamo sulle dita i giorni che ci rimangono per portare a termine le nostre attività a fianco del villaggio. Speriamo di riuscire a concludere in tempo utile il nostro lavoro comune, come anche la indispensabile concertazione per le attività future. In effetti ogni attività ha il duplice scopo di realizzare nel presente gli obiettivi che ci si era proposti ma anche di ipotizzare con il villaggio il proseguo delle attività dopo la nostra partenza. (In ogni caso tutto verrà attentamente valutato insieme a voi) . Nessuna attività ha fine a se stessa, lo sguardo è rivolto al futuro con particolare riguardo per la sostenibilità e la graduale autosufficienza che ciascun progetto si propone di perseguire, insieme al potenziamento dello spirito di responsabilità diretta del villaggio nelle diverse iniziative di cui si fa promotore. Noi siamo a loro fianco per sostenerli ed incoraggiarli. Kiéré è un villaggio molto attento ai bisogni della sua gente, recettivo e disponibile sia nella fase di discussione del presente quanto nella pianificazione comune degli obiettivi futuri. Ma Kiéré è anche una comunità aperta al territorio circostante e dunque speriamo nel tempo di riuscire ad estendere gradualmente il bacino di intervento. Intanto il progetto di ottica lo sta già facendo, il villaggio accoglie con spirito solidale tutte le persone che 126stanno giungendo dai villaggi circostanti. Non solo, anche il Collège accoglie studenti che vengono da fuori paese, e dai villaggi più vicini si viene a prendere l’acqua buona del pozzo. ACQUA Piero ha fatto una attenta analisi della situazione acqua. Il pozzo con impianto a pannelli solari è in piena attività. Verso le 11 del mattino il galleggiante è già sollevato, il villaggio ha già fatto scorta di acqua pulita. Verso sera i bidoni si sono svuotati e ricaricati due volte. Quando il livello dell’acqua è bassa viene interrotta la fornitura per garantirne l’utilizzo al Dispensario. Le fontane sono pulite e ben tenute. Quella sulla strada, accanto al Dispensario, è molto utilizzata e controllata da Téné, una donna del direttivo. Lo chateau è sorvegliato da un’altra donna, e di notte c’è un guardiano. Anche le fontane delle due scuole son ben tenute, a quella della scuola primaria loro stessi han sostituito il rubinetto a leva con uno tradizionale, perché più comodo. Il CVD ha concordato un costo molto basso dell’acqua, una quota più alta invece per chi viene a prelevarne quantità consistenti. Va ancora verificato con il CVD 144come stanno ad accantonamento del denaro nella cassa comune. COLLEGE Il collège con la sua bella struttura di cui il villaggio va fiera (e anche noi!), accoglie quest’anno la 6° classe con 80 allievi e la 5° con 39. La sesta è così numerosa perché accoglie molti ripetenti, ma qui è cosa normale. Il direttore non si sa mai quando c’è, per cui per il momento l’ho visto solo di passaggio e non siamo riusciti a parlargli con calma. Siamo andati a visitare la scuola, gli allievi stavano facendo lezione con le loro belle divise. Attualmente gli insegnanti fissi sono soltanto due, il direttore che insegna matematica, e l’insegnante di storia-geografia. Altri 3 insegnanti sono provvisori, e son quelli pagati dal Comitato -genitori. Il sostegno che ci è stato chiesto, ancor prima del nostro arrivo, riguarda proprio una possibile contribuzione per sostenere il pagamento dei salari di questi insegnanti provvisori. La questione è ancora da dirimere perché Norbert ritiene indispensabile un incontro alla presenza del direttore, dell’ APE (Association Parents Elèves) e del CVD, per capire e valutare le effettive esigenze economiche, conti alla mano. Ma finora non è stato possibile realizzare l’incontro. La scuola primaria invece funziona regolarmente, con le sue classi altamente numerose come d’abitudine. KONGODIANA Ieri sera è arrivato qui a Boni l’Abbé Germain, nativo del villaggio di Kongodiana, dove abbiamo contribuito a terminare la costruzione della Scuola primaria. Abbiamo escluso un viaggio al villaggio stesso perché i pochi giorni della nostra permanenza rendevano difficile mettere in programma questo spostamento, anche perché non si riusciva a concordare un possibile giorno comune con l’Abbè Germain. Così è venuto lui stesso a trovarci e a portarci notizie. La scuoletta funzione regolarmente, con tre insegnanti statali e un numero complessivo di 129 alunni. Parecchi alunni provengono dal villaggio vicino. Le aule sono completamente finite, deve ancora essere ultimata l’ultima casetta per gli insegnanti; il muratore lavora nei campi e quindi ha poco tempo libero. Nell’attesa i tre insegnanti sono ospitati da tre famiglie gratuitamente. Fra gli insegnanti c’è una giovane donna che fa lezione con il suo piccolino sulla schiena e quando è ora di allattare il n’y a pas de problèmes! Una mamma che allatta è qui estremamente naturale e fa parte del quotidiano. Tre mamme si alternano per cucinare la “cantine”, la mensa scolastica, a base di miglio o riso. E’ appena nato un Comitato dei genitori, attento soprattutto ai bambini in difficoltà. Lo stato avrebbe dovuto fornire, oltre agli insegnanti, anche i banchi e altre attrezzature, ma ha fatto orecchi da mercante e i banchi non sono mai arrivati. Come avevamo già deciso insieme, prima della nostra partenza, stiamo sostenendo l’acquisto di questi arredi. Norbert se n’è occupato, ordinandone la costruzione presso un falegname di Dedougou. Il 3 febbraio i banchi dovrebbero essere pronti, insieme a due armadi, 2 scrivanie e tre sedie. Norbert ha già pagato una prima rata, il saldo alla consegna. L’Abbé Germain ci ringrazia ancora molto, anche da parte del villaggio, per il sostegno. Caspita, sono una gran chiacchierona…il secondo foglio è già di nuovo terminato! Meglio fare una pausa…Anche perché voglio raccontarvi a parte, su un’altra puntata, le ultime entusiasmanti attività con le donne. Oggi son rimasta a casa per scrivere. Mi ha telefonato da Kiéré Anna Rita. C’era un mezzo progetto per oggi di terminare un po’ prima le attività per poter andare al grande mercato settimanale di Houndé per fare qualche acquisto, ma la cosa è saltata perché c’è grande affluenza alla “casa degli occhiali”. Stanno aumentando in modo esponenziale le persone che arrivano dai villaggi vicini. Tirata senza pause dalle 8.30 fino alle 14.30 per le consultazioni, e c’è ancora gente!

Abbraccione da tutti noi.
Quinta puntata – SPECIALE DONNE!

Nelle giornate di mercoledì 27 e giovedì 28 Anna Rita ed io abbiamo molto pensato a tutte le donne che amiamo, e soprattutto a voi, care amiche di Lvia-Sangano, perchè avremmo voluto avervi lì accanto a noi, in mezzo alle donne di Kiéré, a condividere un’esperienza entusiasmante, perché è così che noi l’abbiamo vissuta. Le donne di Kiéré hanno voluto farci partecipi e dimostrarci tutto quanto hanno imparato grazie alla formazione sulla fabbricazione del sapone 170e sulla trasformazione della soia. Ma in tutto questo c’era molto di più, c’era la condivisone del loro modo di vivere e di lavorare , c’era l’anima del loro stare insieme, della loro capacità di collaborare e di appartenere ad una comunità. Ancor prima che arrivassimo avevano già progettato e acquistato tutto il necessario per realizzare le due attività, e deciso i giorni in cui avremmo dovuto essere libere per stare con loro e vivere dall’inizio alla fine questa esperienza. Le due attività si sono intrecciate, da una parte la lavorazione del karité in tutte le sue fasi, dall’altra la trasformazione della soia. Cominciamo dalla soia. Dicevamo con Anna Rita che ci siamo sempre chieste da dove arriva di preciso questo benedetto tofu che noi comperiamo al supermercato in pallidi panetti sottovuoto. Si certo, il tofu è un prodotto della soia, ma come si arriva a produrlo? Insieme ad Elisabeth siamo state ad Houndé a macinare la soia al mulino. Dieci chili di umidi “fagioli” di soia comprati dalle donne che han fatto cassa comune: 2500 cfa. Il mulino è proprio lungo la strada, accanto al “goudron”, come tutte le attività di produzione e vendita. E se il tutto è condito con un po’ di polvere rossastra, beh, pazienza. La macinazione produce una pasta biancastra che si altera facilmente se lasciata al caldo. Alla fine della macinatura, nel contenitore di plastica, vengono aggiunte delle grosse bocce di ghiaccio, si pagano 1.250 cfa e si parte subito per Kiéré. Il mulino per la soia al momento al villaggio non c’è, quindi si è costretti a seguire questo iter. Nel cortile del délégué le donne hanno già acceso due fuochi e preparato due grandi marmitte. La pasta di soia viene versata subito nei marmittoni, per ora fuori dal fuoco, e viene aggiunta acqua a più riprese. Una bella rimescolata e poi comincia lo spettacolo: l’impasto viene 212prelevato un po’per volta dalle marmitte e versato in grandi teli di cotone, sottili, bianchi, trattenuti ai capi da due, tre donne. I teli bianchi con il loro carico alla base viene fatto dondolare ripetutamente nell’aria , e poi viene strizzato a mano, con forza. Il liquido bianco cade nelle marmitte. L’operazione viene fatta più volte, finchè tutta la pasta è stata prelevata. Nelle marmitte è rimasto il latte di soia che viene messo sul fuoco. Una ventina di donne si muovono velocemente ma senza ansia, perfettamente sincronizzate, intanto scherzano e parlano, si alternano nel girare il latte con un lungo bastone dentro le marmitte fumanti, fanno provare anche noi, ridiamo insieme della nostra goffaggine. La luce in tutto questo fa il suo gioco, le fiamme del fuoco acceso si disperdono nell’aria bollente, il bianco dei grandi teli leggeri che filtrano il sole pieno del mattino e il candore del latte di soia dentro i marmittoni illuminano questa scena che noi osserviamo incantate. E poi c’è la morbidezza dei gesti e la sapienza delle mani che sanno con precisione cosa devono fare. Anna ed io continuiamo a dire “Che bello…” Ed è lì che avremmo voluto avervi accanto per condividere la bellezza di questi momenti. E’ l’atmosfera di un tempo per noi perduto, penso alla battitura del grano per esempio, nelle nostre antiche borgate. Tempi forse difficili, e non così idilliaci come possono sembrare, ma le immagini, quelle sì, hanno tutta una bellezza che non si può non apprezzare. Queste donne sono belle, sempre pronte a sorriderti, anzi, a ridere forte per un nonnulla, sono determinate, organizzate, sanno condividere e lavorare insieme, questo è quel che si vede. Sono accoglienti, sono solidali con noi povere europee che crediamo di sapere tutto. Questa mattina ci tirano dentro per farci partecipare, se ci mettiamo da parte ci vengono a cercare, non dimenticano mai la nostra presenza, si prendono cura di noi, con affetto. Intanto la pasta strizzata è stata abbandonata in un angolo, ci dicono che verrà data ai maiali. Noi cadiamo dalle nuvole. “Ma come! Ai maiali? Perché?”. Perché quel che conta è quel che è rimasto nel pentolone, il latte di soia. Piano piano il latte giunge a bollore e si comincia a sentire nell’aria il profumo della soia che riconosciamo. A questo punto nei marmittoni versano quella che loro chiamano “eau acide”, acqua acida, realizziamo dopo che è il 218corrispettivo del caglio, e l’operazione che segue è esattamente quella che si fa per fare il formaggio. Versato il caglio, il fuoco viene attizzato ben bene e si aspetta che il tutto riprenda il bollore. Eccolo che arriva, e con il bollore, il liquido si separa dalla parte solida che viene tirata su, a più riprese, versata in teli più piccoli e pressata sotto bidoncini pieni d’acqua. E’ fatta. Quello è il tofu, il formaggio di soia. Da lì in poi tutto è più semplice. Il tofu viene lasciato a riposare un po’ e poi tagliato prima a strisce e poi a cubetti. I cubetti vengono fritti in olio bollente e poi ancora passati nella salsa a base di pomodoro e peperone. Infine la lunga operazione di preparare gli spiedini, tantissimi spiedini. Ci siamo, ora possiamo assaggiarli. Che dire, buonissimi! Niente a che fare con il tofu cui siamo abituate. Abbiamo pensato alle nostre amiche amanti del vegetariano e del vegano , e a quanto avrebbero apprezzato. Però meglio lasciare nel piattino la salsa piccantissima al peperoncino! Naturalmente Anna ed io comperiamo subito un po’ di “brochettes de soja”perché stanno andando a ruba. Le donne stesse li comperano rapidamente, il ricavato andrà a coprire le spese, e l’utile verrà versato in cassa. Ma nello spiazzo del mercato è in opera anche l’altra importante attività: la preparazione dell’olio di karité, che sarà l’elemento base della preparazione del sapone. Le noci di karité sono state acquistate e macinate al mulino. L’impasto che si ottiene è una crema densa, marrone come il cioccolato, che troviamo già pronta in due grandi catini. La pasta viene versata in secchi alti e allungata con acqua. E anche qui comincia lo spettacolo. L’impasto viene lungamente mescolato e sbattuto con forza, contemporaneamente da due donne, quattro braccia che n on s’imbrogliano mai dentro il secchio, i colpi sono regolari, circolari, sincronizzati, fortemente ritmici, le schiene sono piegate in due, tutti i muscoli del corpo in movimento. Quando non ce la fanno più si danno il cambio. Intanto l’impasto comincia a schiarirsi e ad aumentare di volume. L’operazione dura circa mezz’ora, alla fine l’impasto ha prodotto una spessa schiuma nocciola che viene prelevata e messa a bollire. E’ da questa bollitura che avrà origine il burro/olio di karité. Ma che fatica ragazzi…Quanto lavoro! Le donne qui non hanno bisogno della palestra, la grande attività fisica che compiono giornalmente loro malgrado, le rende forti, visibilmente robuste con quelle loro belle braccia tonde e sode di muscoli superallenati. La preparazione del burro di karité è solo uno dei passaggi per la fabbricazione del sapone cui partecipiamo il giorno seguente. In un grande secchio vengono versati tutti gli ingredienti, sotto l’occhio vigile di Elisabeth che legge la ricetta e indica nell’ordine giusto uno ad uno gli elementi da aggiungere. Questa per fortuna è un’operazione più rapida, che va però svolta con cura e rispettando le giuste dosi. Nel sapone solido c’è anche olio di cocco, soda, potassa, un po’ di colorante. Quando la crema gialla è pronta viene versata con delicatezza nello stampo, e lasciata raffreddare. Questa attività è redditizia e abbiamo incoraggiato le donne a produrre più sapone, ma dobbiamo presto trovare una soluzione per l’acquisto o la fabbricazione delle “moules”, gli stampi. Loro ci hanno pregato di 194aiutarle. Intendono anche stampare con un timbro sul sapone il nome abbreviato della loro Associazione. Noi ne compreremo un bel po’ da portare a casa e da regalare. Non vi abbiamo detto che Anna ed io siamo diventate formalmente socie dell’Associazione Sanmoussé! Con tanta di tessera pagata! Ne Siamo davvero orgogliose, e le nostre amiche sono contentissime. LANCIATE NEL MICROCREDITO Vorrei chiudere questo resoconto col darvi alcune informazioni in più sull’attività di microcredito. Ci siamo riunite ancora una volta giovedì pomeriggio, alla presenza di Norbert e Elisabeth per entrare meglio nei particolari del progetto avviato. Poniamo alle donne molte domande in merito alla loro organizzazione e gestione del denaro. Vi riporto brevemente per punti le info raccolte:
 una volta avuta in prestito la cifra di 9000 cfa (uguale per tutte) le donne hanno fatto gli acquisti necessari per cominciare a svolgere la piccola attività di reddito da loro scelta (vedi seconda puntata). La formazione svolta da Elisabeth ha sottolineato con cura le diverse voci di accantonamento del denaro di cui devono occuparsi: ammortamento materiali, cassa per le urgenze famigliari, cassa di restituzione, cassa di risparmio effettivo per proseguire nel futuro l’attività.
 delle 220 donne che hanno iniziato l’attività poche sono da sole. La maggioranza sono in gruppi da due, ma anche da tre o cinque. Si sostengono a vicenda. Marie è in un gruppo di cinque donne. Ognuna di loro mette nella cassa comune del loro gruppo 500 cfa a testa la settimana. Allo scadere dei sei mesi se necessario integreranno con quel che manca. Téné è in un gruppo da tre, accantonano 1000 cfa alla settimana. Tutte utilizzano questa modalità di accantonamento che assicura la restituzione.
 Una rappresentante per quartiere interviene nelle riunioni periodiche delle donne delle grandi famiglie, e lancia i suoi appelli: attenzione, mancano 4 mesi, 3 mesi, 2 mesi alla restituzione!
 Sono 275 le donne tesserate, di queste 220 si son dichiarate pronte a intraprendere il microcredito, le altre hanno preferito aspettare il secondo turno.
 Tutte sono molto contente dell’opportunità che hanno avuto. Un abbraccio a tutte le donne da parte delle donne di Kiéré!

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